le mie 3 novelle preferite

mea.
il titolo mi ha fatto venire in mente di una volta, stavo a venezia e giocavo a nascondino vicino a campo dell’anzoeo rafael e insomma ho fatto la corsa per arrivare a far mea prima di quello che contava e c’erano una serie di mori e io me ne sono preso uno sulla fronte. ho fatto un mea di testa insomma (3 punti di sutura però non ho mica dovuto contare io poi).
I mori sono quelli che servono per tenere i balconi aperti tanto per capirci, le teste di moro, quei cosi fatti in ferro a forma di testa, di moro perché di solito son neri, e son neri che così i
bambini che giocano a nascondino li identificano subito e non si fanno male per andare a far mea.
quella volta li che mi son beccata il moro in fronte, oltre a ricordare che gli ho fatto il gesto
dell’ombrello al tipo che contava e solo dopo mi son messa a piangere, mi ricordo che la
mamma stranamente non si è quasi arrabbiata, nel senso, mi ha detto “adesso andiamo in
ospedale e poi quando arriviamo a casa facciamo i conti” e poi non li abbiamo più fatti. non solo… la mamma quella volta lì è stata, oltre che calmissima, molto molto ottimista
“potevi perdere un occhio”
mi ha detto così.
e niente, sto post ormai è partito in un modo tutto suo.
una volta, che ero un po’ più grande di quella del nascondino, ero alle superiori tipo, stavo al parchetto e la prima cosa che devo dire del parchetto è che uno di quelli che aveva la casa li vicino ha passato una notte intera ad ingrassare (col grasso da motori) le panchine e le staccionate e le altalene e gli scivoli, insomma questo ha ingrassato tutto quello che gli veniva
a tiro in quel parchetto (di notte) perché in testa sua così noi andavamo con la compagnia da un’altra parte (aha aha aha). Al parchetto un giorno i miei amici maschi si sono inventati di fare un gioco, il gioco era quello di tirare i calci ai sassetti, dovevate vedere come si divertivano e voi lo so che vi pensate che non c’è un cazzo di divertente ma, se foste stati voi
al parchetto nell’impossibilità di sedervi nemmeno sull’erba che era tutta ingrassata anche lei, cosa avreste fatto? eh no, col cazzo che gli davamo soddisfazione al vecchio col secchio di grasso. Il mio amico manuel che era attaccante in una squadra del marghera patronato ha
tirato un sasso bello forte e indovinate chi ha preso in fronte?
si io.
non ci crederete ma mi son fatta prestare soccorso, che perdevo di nuovo litri di sangue, dalla casa più vicina al parchetto.
la casa del vecchio col grasso.
gli ho insanguinato tutti i tappeti del bagno.
poi dicono che il karma non esiste.
e ogni tanto poi mi infilavo le dita nel naso.
Alle elementari la mia più bella della classe era Laura.
Laura non solo era la più bella ma era anche la più brava, non ci stavano cazzi per nessuno.
Aveva sempre i voti più belli e parlava sempre in italiano e non era mai non preparata e non le colava mai il naso, ma soprattutto questa Laura qui era bravissima a mangiare il gelato al cioccolato senza sporcarsi.
Io già lo sapete che avevo fatto la primina quindi questa Laura io mi ero convinta che l’avrei presa in stile e comportamento nel giro di un anno.
Non era vero un cazzo perché lei in terza elementare continuava ad essere la più brava, la più bella e la più fine mentre io non riuscivo a mangiare ciambelle senza rovesciarmi tutto lo zucchero addosso.
Emulare questa Laura è stato difficoltoso anche per l’aspetto fisico, lei era alta con le gambe lunghissime, io ero piccola con le gambe corte e avevo pure un po’ di pancino sporgente.
Laura aveva i capelli biondo dorati lunghi e mossi, gli occhi azzurrissimi e la pelle bianca bianca pulita pulita. Io avevo i capelli rossi lunghi e lisci che parevano un mocio, gli occhi verdi e le lentiggini.
Lei pareva una madonna, io piccolo diavolo.
Laura si vestiva sempre in bianco e azzurro e davvero in alcuni giorni pareva una madonna, io avevo le tute rosse, i pantaloni in velluto arancione, la maglia gialla…io ero una bambina colorata insomma, beh, coloratissima.
Un giorno mi son proprio fissata che volevo essere sta Laura. Ho pensato che Laura sicuramente era una di quelle che i vestiti se li tirava fuori dall’armadio la sera prima (non come me che mi vestivo quasi nel pulmetto) e che sicuramente si lavava i piedi prima di andare a dormire (io ogni tanto lo facevo, ogni tanto se avevo freddo aprivo solo l’acqua che la mamma sentisse e bon, si lo so fa schifo ma avevo sette anni e chi è senza peccato scagli la
prima), immaginavo che stesse tutti i pomeriggi sui libri a leggere e a studiare e che alle quattro in punto facesse la merenda.
Ho messo la mia famiglia a regime quella volta, mi son fatta comprare le scarpe bebe in vernice nera, un paio di gonne azzurre, le calze rosa e bianche, un sacco di camicie (le camicie poi io le odiavo perché bisognava chiudere un fracco di bottoni), i golfini, insomma mi son fatta fare un guardaroba degno di una collegiale, però con i colori più spenti.
Al pomeriggio arrivavo a casa e mi buttavo in camera con la pancia in su e le ginocchia piegate e i piedi all’aria, mi facevo i codini sui capelli, poi mi mettevo a leggere e poi alle quattro secche secche pretendevo che mi venisse fatta la merenda del guerriero che secondo me con tutto quel studiare avevo bruciato un sacco di calorie.
Una rompicoglioni settenne noiosa ero.
Un giorno stavo andando nel bagno della scuola perché avevo fatto finta di perdere sangue da naso e c’era sta Laura in bagno con la Elena e mi ricordo che le ho sentite che parlavano di come ero vestita, delle mie gonne e delle calze e dicevano che facevo così perché mi piaceva Diego (diego invece mi stava sui coglioni e puzzava di scarpe da dopo la partita di calcio) e
questa Laura a un certo punto ha detto che tanto io ero un maschietto anche con la gonna perché avevo le fossette quando ridevo e le fossette sono una cosa che viene ai maschi.
Allora poi ho fatto così. Sono andata davanti a questa Laura e questa Elena e le ho guardate e poi gli ho detto “guarda che io sono amica di andrea, vedrai dopo” (andrea era quello che tutti prendevano in giro perché era grasso, però poi quando si arrabbiava avevano tutti paura perché era forte).
Andrea qualche ora più tardi ha preso le signorine per i capelli, tutte e due e ha tirato su le loro gonne in modo imbarazzante, io lo so che non dovrei esser stata contenta che è una cosa che non si fa, però ero tutta contenta, ero così contenta che poi ho passato i miei migliori pomeriggi a casa di sto andrea a far merenda con le cipster seduta per terra con la tuta rossa e i capelli fatti a spinacio.
I piedi comunque me li lavo sempre.
Heartbeats
stamattina, come quasi tutte le mattine, stavo camminando per il porto.
Ascoltavo questa canzone, la heartbeats, nella versione di jose gonzalez. mi è capitata nelle orecchie per caso. mi è venuta addosso mentre passavo davanti al muretto dei gelsomini e mettici che al mattino sono irritabile (essere irritabile vuol dire essere sensibile) e mettici che i gelsomini profumavano di cose vecchie, cose ataviche, e mettici che la canzone è anche lei una
canzone dei ricordi, mettici infine che da dove passeggiavo potevo vedere uno scorcio di mare…insomma è successo che un po’ passeggiavo e un pochetto mi son commossa.
Sono passati sedici anni da questo mio ricordo a oggi e non è che siano tanti, il mio punto di vista è che ora ho 31 anni e dal punto del ricordo ad oggi è trascorsa metà della mia vita.
A Venezia nel dueedieci si va in giro senza avere appuntamenti, perché Venezia è piccola, si fa presto a incontrarsi. Figuratevi una sedicenne di sedici anni fa che andava a Venezia senza telefonino e senza aver letto una mail e senza aver fissato appuntamenti in anticipo che tanto chi se ne frega, per prima cosa a Venezia trovi sempre qualcuno e poi non c’era molto altro da
fare bighellonaggio a parte.
Quella mattina li che era in estate il mio bighellonaggio in città non era andato a buon fine, allora mi son buttata sull’opzione del lido, sono andata in spiaggia e son stata distesa per ore su uno scoglio in compagnia di un libro che ricorderò per sempre “una vita” di guy de maupassant. Nel tardo pomeriggio ho ripreso il waterpulmetto per tornare in direzione marghera e mi ricordo che mi son messa dietro che c’erano i posti all’aperto. C’erano due
ragazzi già seduti li in fondo, uno aveva le treccine lunghissime e l’altro aveva i dread, quello con le treccine era moro e alto e abbronzato, quello con i dread era biondo e alto e aveva la pelle arrossata e le sopracciglia trasparenti. Mi son messa dietro con loro e hanno spostato gli zaini per farmi sedere, io son stata in piedi e mi sono accesa una sigaretta (nei waterpulmetti
si poteva fumare nelle zone aperte e anche nella motonave). Uno dei due ragazzi, quello alto e moro, mi fa “se fumi tu fumo anche io” e si è acceso una sigaretta lunga mezzo metro o poco meno, io ho sorriso. Mi si sono presentati, quello alto moro è Sebastiano, quello alto biondo è
Alvise…non sto a spiegarvi di perché molti veneziani si chiamano Alvise e Sebastiano e Marco, io ero sempre Erika.
Abbiamo parlato di un sacco di cose nel tragitto e io invece di scendere a piazzale roma sono scesa alle zattere con loro e poi siamo andati in camminata in campo santa margherita a trovarci con dei loro amici.
A me piaceva Sebastiano, quello alto e moro, però il più simpatico era Alvise, quello alto e biondo. Sebastiano era fico e sapeva di esserlo allora si atteggiava, Alvise era simpatico e sapeva di esserlo e si atteggiava uguale.
Alvise quella sera mi chiede se volevo andare con lui e Seba in olanda a girarla un po’ tutta con la bicicletta, il Seba quando ha sentito e ha visto che io trovavo la cosa interessante è venuto anche lui a provare a convincermi, c’erano i gelsomini su uno dei muretti in campo. Avevano già organizzato tutto, gli piaceva l’idea che andasse con loro anche una ragazza e lo avevano
deciso in quel momento perché volevano fossi io quella ragazza. Il viaggio sarebbe durato due o tre settimane, in giro per Amsterdam e dintorni con la bici, ci sarebbero bastati pochi soldi perché gli ostelli costavano poco e per mangiare ci saremmo arrangiati.
Ho detto di si, si sarebbe partiti nel giro di una settimana, avevo in pratica 4 giorni per convincere i miei o per organizzarmi a scappare di casa.
Mi sono incontrata con Seba e Alvise il giorno dopo in spiaggia, ci siamo divertiti, abbiamo fatto un sacco di giochi in acqua e anche fuori, abbiamo fatto un sacco di discorsi intelligenti sulla vita e sul futuro e soprattutto io parlavo di cosa volevo fare da grande, loro no, loro erano alla giornata ma filosofeggiavano comunque sulla giornata.
Verso sera ci siamo messi a fare il piano del viaggio e ho scoperto la cosa più brutta del mondo, ho scoperto la cosa che ha fatto si che rifiutassi di partire con loro. Sarei scappata di casa pur di partire con loro, avrei patito la fame pur di partire con loro, mi sarei pagata le spese con i soldi ricavati dalla vendita dei miei capelli pur di partire con loro ma, dopo quella notizia non ho più voluto saperne un cazzo del viaggio in olanda.
Ho scoperto che non si trattava di girare l’olanda in bicicletta, si trattava di arrivare in olanda in bicicletta e una volta arrivati li (a patto che fossimo riusciti ad arrivare li) girarla in bicicletta. Mi son vista uscire dal
semaforo di marghera con la bici, mi son vista stanca alla prima rotonda, mi son vista accasciata all’imbocco dell’autostrada (a patto che si prenda l’autostrada per andare in olanda in bicicletta) – Venezia /Amsterdam fa 938km andata e 938km ritorno, devo ancora stare a spiegare perché non sono andata in olanda in bicicletta?
Sebastano e Alvise non li ho più visti, abbiamo passato due giorni bellissimi insieme ma io non
li ho più visti. Secondo me han bucato una gomma.

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