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Se mi restassero dieci minuti di vita…mi fo una carbonara.

La nonna materna é morta a casa sua, in una notte di pioggia, mentre io avevo 18 anni e assistevo alla scena.
La azienda sanitaria locale ce la aveva rimandata a casa per l’occasione. Oggi non so, ma al tempo se uno aveva un tumore al fegato allo stadio terminale, beh lo dimettevano perché tutto quello che si poteva fare era stato fatto.
Il nonno materno, suo marito, era andato a letto presto quella sera come ogni sera della sua regolarissima e scanditissima vita. Lui aveva cenato alle diciotto e venti con me, mezza pizza col tonno e mezza forma di formaggio grana padano stagionato. A cena trattenevo le parole a stento che a mio parere se tua moglie ha tre ore di vita tu non devi mangiare il formaggio grana, tu devi stare con lei.
Quella sera ero obbediente così sono stata zitta e l’ho lasciato fare anche se ero in disaccordo.
Ho svegliato io il nonno. Le ore di vita della nonna sono diventate improvvisamente “spero il nonno si svegli in tre secondi e col colpo di reni se no non farà in tempo a salutarla” o almeno così credevo io.
Il rumore del suo respiro partiva dal profondo del suo petto, più tiravo l’orecchio più si faceva distante.
Il nonno ha impiegato venti minuti a sedersi sul letto e infilarsi le ciabatte, altri venti minuti per raggiungere la stufa in corridoio. Aspettavo raggiungesse la camera della nonna in almeno altri dieci ma lui ha preso la via del soggiorno e subito dopo la cucina. Ha iniziato a far casino con le pentole. Lo guardavo affacciata alla porta mentre preparava una minestra con l’omogeneizzato plasmon al gusto vitello. Passavo dal pensare “mio nonno é un testa di gran cazzo e io non me ne sono mai accorta” al “forse crede che se finge di non aver sentito non è mai accaduto che sua moglie stia morendo”.
Le ha preparato la minestra, gliela ha portata in camera, ha provato a fargliela ingoiare dopo averla accuratamente soffiata. Lei respirava e la minestra cremosa le formava delle bollicine sulle labbra.
La nonna è morta dopo un’oretta, il nonno aveva ragione c’era tempo e magari, visto che i nonni materni erano la versione romantica di Biancaneve col principe Azzurro, lui aveva delle percezioni a livello di cuoretto che chi cazzo mi credo di essere io per dirgli cosa fare.
Sono stata male da non poter camminare e male da credere di non potere sorridere mai più. E’ accaduto negli ultimi giorni, un combo di malessere fisico e psicologico che levati.
Il giorno che sono stata dimessa dall’ospedale, autonomia di deambulazione in solitaria dodici minuti, mi son messa in cucina, mi son messa a far casino con le pentole, ho fatto il vitello tonnato e le melanzane alla parmigiana. I cuochi cucinano in piedi, corrono dal fornello al lavabo e dal lavabo al frigo e dal frigo al forno. Io ero seduta in centro cucina con tutto a mia disposizione, mi bastava ruotare la sedia.
Mi è venuto tutto di merda.
Il nonno quella notte cercava di essere normale, di sentirsi normale, di fare qualcosa di normale, per lui preparare gli omogeneizzati era la regolarità. Era in un momento di assoluta impotenza che non poteva salvare la vita alla nonna, nessuno poteva. Il nonno ha fatto tutto quello che si sentiva di fare per aiutarla, e anche se non se la sentiva. Mi piace credere che la nonna abbia capito che era lui ad imboccarla, del resto chi altri.
Mi piace credere che se sono in grado di cucinare vuol dire che sto bene e se tutto è venuto di merda è perché il cafonetto della macelleria il taglio di carne me lo ha dato con poco amore e le melanzane erano guaste.

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io ti amavo e tu lo sai.

Ho voglia di leggere un libro e ho voglia che sia uno di quei libri che quando arrivi alla parola “fine” sei emozionata.  Ho voglia di uno di quei libri che quando arrivi alla parola “fine” ti credi di essere l’italiotto che atterra con volo rayan air e all’atterraggio fai l’applauso all’aria. Ho voglia di un libro da applaudire nel finale. Lo si sa quando si è alla fine di un libro, per un motivo o per tanti altri, lo spessore è breve, il segnalibro che hai messo in chiusura ti segna le ultime pagine, la storia ha snocciolato il novantanove e nove per cento dello snocciolabile. Ho voglia di sentirmi piena di quel libro, così piena che non importa se è finito. Il mio desiderio successivo sarà il non averlo letto per rileggerlo con la stessa passione.

Venerdì portiamo a fare operare il gatto, è da quasi una settimana che rimugino su sta cosa dell’operazione del gatto, mi fa star male e ho realizzato il perché quello vero da poche ore. Certo sono preoccupata per il suo stato di salute globale, certo mi dispiace che gli passi per il sangue una nuova anestesia e certo il fatto che lui sia un gatto e quindi stoico non mi fa stare a cuoretto leggero. C’è di più. Io se dico al gatto che venerdì lo porto dal dottor Tony so che per lui non ha lo stesso significato che dirlo a voi, poi so che posso usare i toni come voglio per fargli intuire la cosa ma non lo faccio, resto sul vago, il tono di mezza via. Gli ho detto che lo porto dal dottor tony a operarlo con lo stesso tono in cui gli dichiaro che è il gatto della mia vita. Il tono quello neutro, migliore di quando si gratta il culo sul tappeto, peggiore di quando ho voglia delle sue coccole. Glielo ho detto ma di fatto non lo sa, vive la sua vita come niente fosse, non ha idea del dolore, del cambiamento, delle medicine, della flebo, del rischio, non ha idea di nulla.

Una volta il nonno paterno si è ammalato, io ero giovane, non ero piccola, ero solo giovane e con i ragazzi per la testa e una voglia assoluta di diventare la regina del mondo, avevo sedici anni e potevo fare tutto. Quando io avevo sedici anni i miei genitori non mi consideravano adulta perché non lo ero, ero una bambina, ero sciocca, lo ero ai loro occhi che tutte le mie cazzate di adolescema le ho fatte di nascosto, parlavano ad alta voce i miei genitori ed erano certi che tanto io non sentissi e anche se sentivo non avrei ascoltato secondo loro che ero piccola, e quindi non erano accurati a tenersi le loro cose. Ho scoperto che il nonno era molto ammalato perché loro due se lo sono detto e non credevano che io avrei colto.

Nella mia famiglia se qualcuno si ammala ed è grave non gli viene detto, questa è una cosa che so bene. Il nonno paterno quella volta lì ha smesso di respirare dopo due notti orribili al vecchio ospedale, lui credeva di essere stato ricoverato per una polmonite. Nei mesi precedenti le frasi che gli propinavano andavano dal “sei dimagrito per la vecchiaia” al “vedrai che ci seppellisci tutti”. Dio quel nonno…era brutto e cattivo e scorbutico, non mi ha mai dato una carezza, mai una. Non mi comprava le caramelle, non mi faceva regali che era tirchio, quando stavo con lui mi portava a vedere lui e i suoi amici che si divertivano a boccette e io no. Lo amavo tantissimo quel nonno. Quella volta che è nato mio fratello e io avevo dieci anni e per la prima volta tutte le attenzioni non erano per me il nonno è venuto a dirmi che non era vero che mio fratello era un bel bambino, mi ha detto “è brutto è tutto rosso e pieno di pieghe…poi diventerà simpatico tra due o tre anni”, quella volta che ho avuto la mia prima crisi di asma ho usato il ventolin di quel nonno, quella volta che mi è entrata la romanza di beethoven sotto le dita è stato mio nonno. Lo amavo tanto.

Non giudico il comportamento dei miei genitori, forse se dici a una persona che ha un mese di vita quel mese di vita un po’ glielo rovini, credo i miei abbiano pensato a questo. Mi chiedo se il nonno avrebbe fatto o detto qualcosa sapendo che stava per morire, mi chiedo anche se non lo sospettasse, mi chiedo se mi avrebbe abbracciata una volta nella vita sapendo che era il primo e l’ultimo abbraccio. Mi chiedo infine se lui sapesse che io sapevo perché io di fatto lo sapevo e trattarlo i modo diverso dal solito lo ritenevo un insulto alla sua intelligenza che di fatto era enorme.

A volte tenere il segreto ad un gatto ti fa pensare cose che sono al di fuori di qualsiasi logica.

Una ultima cosa che mi chiedo è se Jean (un mio amico) leggerà mai questo pezzo e nel caso affermativo sarebbe un insulto alla sua di intelligenza andare ad esplicare il perché i libri che trattano i segreti mi fanno venire la merda al cervello.

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indelebile e aromatizzata alloro e rosmarino.

Ho passato gli ultimi venti anni di vita a perculare mia madre perché al sabato sera la cena era sempre a base di bolliti di carne e i tortellini in minestra con il brodo ricavato da quei bolliti.

E’ da sei anni che sono via da casa dei miei, quasi sette, in questo appartamento la domenica (ad esclusione dei mesi estivi) non è domenica se non c’è il ragù di carne.  Me ne sono resa conto solo oggi, mi sono fatta appiccicare il rito del cibo a cadenza settimanale. Lo metto su al sabato sera, sabato pomeriggio, non appena ho comprato la carne in genere. Siccome richiede ore e ore e ore sul fuoco lo faccio cuocere tra il sabato a qualche ora e la domenica mattina. Adesso è sul fuoco e infatti tra poco vado a vedere se è a posto di acqua e di sale.

Chi mi conosce lo sa, il ragu non è la mia cosa preferita, il mio primo preferito è la carbonara o qualsiasi cosa che contenga pancetta di maiale (gricia per dire), potendo decidere evito il primo e mi lancio a pelle d’orso sui secondi, in assenza di carne va bene qualsiasi preparazione a base di radicchio o di patate. Le uniche cose che non posso davvero mangiare sono i capperi e le acciughe, tutto il resto è gradito e così anche il ragu.

Sono cintura nera a ragu e l’ho fatto diventare un irrinunciabile rito della domenica. Se sono via, se so che salto il pranzo a casa o la cena o tutte e due io lo preparo lo stesso, a volte lo congelo per una sera che magari rientro da lavoro stanca o per un giorno che magari ho la febbre e allora avere un ragu pronto è una salvata. Avere il ragu pronto permette di poter fare una lasagna alla bolognese quasi su due piedi, improvvisandola. Permette di avere qualcosa di poco improvvisato se per caso ti ritrovi con gli ospiti inaspettati. Il rito del ragu non è della mamma.

Tra i cinque e gli undici anni abitavo in un altro posto, a Malcontenta, oggi quella città non so come sia e non conosco neanche tutti i quartieri, quello che so è di quando ci abitavo io e nel mio quartiere i nomi delle strade erano stati dati dai bambini della scuola. Io abitavo in una piazza, piazza dello spazio, la laterale dalla quale ci si arrivava era via del maggiolino, mi piaceva tantissimo. I miei vicini di casa avevano un grande orto e una fattoria, sono stati i miei primi veri amici di quel posto quei vicini li e non c’era alcuna barriera di età a dividerci, anche se io ero giovane e loro avevano l’età dei nonni abbiamo creato in qualche modo un rapporto paritario, da amici veri. I miei genitori al tempo avevano la pasticceria che di domenica era aperta e se già nell’infrasettimanale dovevano parcheggiarmi da qualche parente figuriamoci la domenica che per loro era il giorno di più gran lavoro in assoluto e io non avevo la scuola. Le cose per me hanno iniziato a girare bene quando anche i miei sono entrati in confidenza con i vicini e quando anche se passavo la domenica lì i miei non si sentivano in colpa e io non mi sentivo sola.

La E. la mia vicina con la fattoria si chiamava con un nome con la mia stessa iniziale, alla domenica faceva il ragu, alla domenica faceva il ragu e la pasta fresca e poi suo marito A. accendeva il fuoco in giardino e abbrustoliva il pollo e le costicine di maiale. Credo di essere stata una delle poche bambine che amava le verdure perché mi era concesso di raccoglierle dall’orto e insieme a loro e mi lasciavano mettere da parte quelle che prendevo su io che così poi a pulirle e a tagliarle a sapere che le avevo seguite io dalla raccolta al piatto mi suonava diverso che trovarmi l’asparago impiattato da mamma. La E. faceva il ragu e quello che c’era di diverso rispetto a quello della mamma era l’utilizzo di un sacco di erbe tra soffritto e cottura, ci metteva tanto alloro e tanto rosmarino e altre che non ricordo e la mamma invece nel suo non aveva quel sapore marcato di erbe. La E. infilava tutte quelle erbe, l’ho scoperto anni e anni dopo, perché usava le carni dei suoi animali e io non so bene perché ma le carni dei suoi animali erano più forti in sapori rispetto a quelle della macelleria al dettaglio. Dopo pranzo e dopo avere aiutato la E. a sistemare la cucina con gli enormi tavoli in legno, si poteva andare al pianoforte io ancora non avevo preso lezioni dal nonno quindi copiavo la E. senza sapere bene cosa stesse accadendo e la E. sapeva suonare poche canzoni ed erano tutte di Patty Pravo. La E. non aveva bambini della mia età che le giravano intorno e le prime volte bevevo acqua e poi però ha iniziato a ordinare l’aranciata nella bottiglia di vetro dal camioncino delle bibite e io lo sapevo che la prendeva solo per me. La E. mi insegnava che il grembiule era utile per appoggiarci il cibo che si raccoglieva in orto se lo piegavi su se stesso. La E. mi ha insegnato che bastava una passata di rossetto per far sembrare tutto più colorato. La E. quella volta che A. è morto per un infarto nel suo letto mi ha raccontato tutti i dettagli ed erano dolorosi e io avevo dieci anni e lui era il mio migliore amico e lei mi diceva che gli è scoppiato il cuore e di notte e che lei non riusciva a fare nulla e allora lo ha coperto di baci, su tutto il viso e sulle mani, gli ha dato i baci sugli occhi e sul naso e anche sulla bocca e non le interessava se lui aveva le bave che uscivano dalle labbra e i denti tutti stretti, il mio migliore amico era l’amore della sua vita e lei era li mentre moriva e non poteva fare nulla se non coprirlo di baci. A. è stato il mio primo lutto. A. è stata la prima perdita di una persona che avevo a cuoretto. E’ come se preparassi il ragu alla E. e a A. tutte le domeniche.

Andrò nei prossimi giorni a chiedere alla  mamma come mai le abbia il rito del bollito del sabato, sono sicura che è una cosa indelebile e importante.

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e bon.

Una bella notizia.
un mio amico che lavora alla biblioteca comunale ha deciso di includere uno dei miei pezzi da blog a un evento che si terrà più avanti e che prevede la lettura ad alta voce di questo pezzo da parte di una lettrice.
Una brutta notizia.
Avevo passato una rosa di pezzi da blog a questo mio amico e lui ha selezionato l'unico che non fa ridere proprio per un cazzo. L'unico che quasi quasi fa piangere, a me sicuramente fa piangere.

Sono dispiaciuta, non solo per il fatto che mi sarebbe piaciuto promuovere altri pezzi, mi dispiace per un pensiero generico. Io credo che quando si parla di alcuni argomenti è l'argomento stesso che colpisce e affonda, mentre io preferisco leggere magari di aria fritta che però è scritta talmente bene questa aria fritta che colpisce e affonda.
Io la penso così.
Avrei voluto che venisse selezionato il mio post del gerbillo, a rileggerlo non è stupendo ma fa sorridere, magari non ti fa fare l'introspezione di quelle che ti mettono in contatto con le viscere dell'anima ma è simpatico. Il post che è stato selezionato non ti mette in contatto con le viscere neppure lui…è solo un grosso pugno nello stomaco.

il post selezionato

il post del gerbillo

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eh insomaaaa

Oggi è il compleanno di un mio caro amico, non sto a spiegarvi tutto il dettaglio comunque un fatto è che stamattina gli ho fatto l’sms richiesto dalla circostanza…e insomma lui non aveva il mio numero salvato.

(ghesborros tutta ea vita cussi, ogni volta…)

questo mi fa riflettere sul fatto  che io sono un raccoglitore automatico di indirizzi di posta e numeri telefonettonici ma non do via il mio a nessuno.

Poi volevo dire che di recente mi è venuta su una musica del ricordo, questa musica del ricordo è la romanza di beethoven. Era da un bel po’ che non la sentivo e l’ho incrociata per sbaglio ed è una di quelle cose che quando incroci per sbaglio poi ti chiedi come hai fatto ad andare avanti senza per anni.

poi ti rispondi che lo sai perchè sei andata avanti senza la romanza.

ero arrabbiata.

non lo sono più.

 

 

 

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my last “forget about the fucking wanker”

io venerdì ho fatto sta serata di saluti

e ieri che sapevo che doveva passare a fare l’ultimo giro ero tutta contenta di averla scampata

poi ieri l’ho chiamato…

poi oggi è passato a fare l’ultimissimo giro

poi…adesso, adesso adesso…adesso mi ha telefonato per dirmi "come stai?" adesso, capite che era adesso?! adesso fuori dall’aereo. fuori dall’aereo orange.

te lo dico qui, che a te non l’ho detto…che con te sono inglese

i miss you…

e basta

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GuY…i need a friend

e dopo il titolo in 5 minuti secchi siamo alle zattere, casa nostra.

La regola #1 ci tutela per tutta la sera – Forget about the fucking wanker – e bon

G: dovresti provare a fare l’informatica, sai un sacco di cose…

E: mi fa schifo

…..

G: siamo un po’ sensibili noi due

E: e ci vediamo solo in due tipi di occasioni – se è successo qualcosa di molto grave o se è successo qualcosa di molto stupido e irrilevante per le nostre vite.

………..

G: mi ha chiesto una proxy per facebook

E: sai qual’è la cosa interessante? che non ha idea di cosa sia una proxy…io lo so e lui lo sa e tutti lo sanno ma qualcuno gli avrà detto "fatti dare una proxy" e lui chiama te completamente non consapevole che potrei dargliela io che gli sto seduta a fianco, da me non avrebbe preso neppure il consiglio per buono.

G: ah si?

E: si

G: allora domani faccio così…arrivo in ufficio e gli porto un cucciolo "halloooo this is proxy, saluta proxy…tu trattalo con cura e lui ti darà l’accesso a facebook"

………

G: dobbiamo sempre andare avanti…si sopravvive, è così

E: non ti senti mai come se non potessi vedere la luce?

G: si e penso sia perchè non credo…

E: neppure io credo…lo sai

25febbraio

 

e anche non credendo poi c’è sempre la luce.

 

 

 

 

 

 

 

 

Thank you!

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buoni propositi ma anche varie

E’ fine anno (e aggiungo un bel yahuu con tanto di scena di capitana che si alza dalla sedia e inizia a sculettare a sinistra e a destra e a sinistra e a destra…yahuu).

Non ho mai avuto sti gran buoni propositi, mai…tipo quelli che si mettono a dieta dal lunedì di gennaio dopo l’epifania, o quelli che smettono di fumare, o quelli che smettono di bere (ahahahahahah). No, io queste cose non le dico, non sono in grado e soprattutto non capisco perchè da inizio anno devo far promesse a me stessa che non ho voglia di farmi e di mantenermi poi.

Il mio buon proposito è di continuare a fare le cose che mi piacciono (bere – fumare – mangiare mucca & maiale & pesce crudo – altro) e di smettere di fare quelle che non mi piacciono più (.). Poi però ne ho un altro, e questo si lo voglio. Non scherzo. Io dal 2009 devo assolutamente smettere di fare sms alla gente quando sono: a) drunk – b) high – c) depressa. Che poi li cancello sti sms e il giorno dopo son li che penso "che stracazzo ho scritto adesso?" – Bon quindi questo è quello che farò. Il mio problema imminente ora è: ma la mezzanotte del 31 dicembre 2008? che sicuramente sarò in stato di drunk + high + un pochino depressa?!

Poi volevo raccontarvi che sono stata a casa di un amico mio che è pieno di prole, pieno…ha due prole, una bambina e un bambino, ieri c’era solo il bambino che si chiama Nicola e ha due anni. Questo Nicola qui mi ha riconosciuta subito come quella più simpatica del gruppo e mi ha fatto vedere tutti i suoi giochi e son stata un’oretta con lui sul tappeto a fare cose col trenino. Insomma io stavo in paradiso in quel momento. Questo bimbello ha la caratteristica sua personale di saper parlare solo in dialetto veneziano, insomma lui ti parla e ti pare di parlare con un vecchio (fantastico). Io ve la racconto in italiano sta cosa che sennò  la tiriam troppo: A un certo punto butta via il trenino e mi arriva con un cicciobello, io gli dico "ma quello di chi è? non è mica tuo…secondo me è dell’irene" e lui tutto serio "si…fa pipi" e io gli dico allora "Fa pipi? ha il pannolone allora sto coso" e il piccolino sempre serissimo "si il pannolone e anche io ho il pannolone" io resto sorpresa che non mi ricordo esattamente a quanti anni ho smesso di cagarmi addosso ma mi pareva prima dei due e gli dico "maddai? hai il pannolone" e lui tutto serio "si…ti ho detto di si. Vuoi sentire?" A me ha fatto ridere tantissimo solo che non potevo sennò mi pareva di coglionarlo e non va bene, gli ho detto che preferivo di no che i pannoloni sporchi non sono la mia cosa preferita e lui si è convinto.  I bambini ti fan dimenticare i pensieri brutti non c’è un cazzo da fare.

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Ci guadagno il colore del grano

Mi spiace in questi anni da Capitana di aver perso di vista un po’ di persone. Sono molto contenta invece di altre con le quali ho stretto dei legami anche bellissimi. Questa premessa personale mi era necessaria che sto per parlare di legami e di vita e di cosine mie e poi, in secondo luogo e che di certo non è meno importante…c’era una volta uno che non era un blogger, andava in giro a lasciar commenti e basta, questo uno mi chiamava Lady Captain e insomma lui aveva il bel vizio di citare il piccolo principe, a me questa cosa è rimasta impressa e non potevo mettere quel titolo senza salutarlo.

Ci guadagno il colore del grano si diceva, e per me sempre piu spesso è così, un po’ per cinismo, un po’ per esperienza, un po’ per sailcazzo…sono arrivata a capire questa cosa, è una cosa bella o brutta non lo so, ho visto però che se si fan le cose per gli altri, con il pensiero di dire "ok…io ti dico così perchè penso così e secondo me è così" è proprio cosi che si dovrebbe dire. Abbiamo delle piccole vite e gli errori si pagano lo sappiamo, ma gli affetti, le persone preziose, le persone care, gli amori…loro insomma…ditelo che vi manca anche se lui non vi risponderà, ditelo che gli volete bene, anche se è incazzato, ditelo che è stata una stronza anche se avete paura di perderla, ditelo che vi ha fatto male anche se lui non sa come ne perchè, ditelo che ha fatto male anche se lui poi non chiederà scusa.

Io credevo si chiamasse monetina di ritorno quella che cercavo nei rapporti con le persone, non si chiama così, lo so perchè una volta l’ho chiamata così per sbaglio e insomma poi le cose si son messe un po’ male, quello che cerco io è un’ apertura sempre, una finestra, un piccolo spazio che io possa autogestirmi in un cuore. Lo trovo carino così "questo cuore ha uno spazio autogestito da erika" si chiama così quello che cerco, quello che vorrei, e non vorrei poi addomesticare nessuno, io non sono un principe, sono una capitana, ma quell’esser parte, la consapevolezza di poter dire tutte le cose, anche quelle brutte, quello è importante per me.

Le emozioni che mi restano nel cuore, i giorni, le sere, le notti…le emozioni che provo, quelle sono il mio colore del grano, Io ci guadagno il colore del grano.

La colpa è tua", disse il piccolo principe, "Io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…" " E’ vero", disse la volpe. " Ma piangerai!" disse il piccolo principe. " E’ certo", disse la volpe. " Ma allora che ci guadagni?" " Ci guadagno", disse la volpe, " il colore del grano". Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe

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vi racconto quella del vaso

Deve essere perchè si avvicina un incontro con delle Amiche con la A grandissima e deve essere perchè si avvicina il natale e il mio compleanno e per me queste due ricorrenze son da collegarsi all’amicizia sempre.

Ieri ne ho pensate tante e c’è stato anche un confronto, si diceva che c’è tanta voglia in giro di fare amicizia, di conoscere di tentare e che però poi non riesci a trovare mezz’ora per prendere un aperitivo con Guy che sta nell’ufficio sotto al mio. Però conoscere, fare amicizia, quel gusto del nuovo. All’inizio è tutto bello, bellissimo addirittura che non sai chi hai davanti (ma anche dietro a un monitor non cambia, anzi forse è addirittura meglio che dietro un monitor non leggi le bugie negli occhi), è tutto nuovo, i modi di dire son diversi, son divertenti e le battute son squisite.  Poi le cose vanno avanti, si diventa quasi amici, si conoscono cose dell’altra/o ci si pensa durante il giorno. E’ tutto bello insomma sino a che…sino a che uno dei due inciampa, succede qualcosa, un bidone all’ultimo minuto, la preferenza di vedere qualcuno di diverso da te, poca voglia, una piccola bugia per il bene dell’amicizia, bugia che però tu senti. Cambia qualcosa, non è malafede ma semplicemente il vaso inizia ad incrinarsi e li si decide poi. Li ce la pensiamo e in onestà quel vaso perchè ci piaceva tanto? perchè era un vaso nuovo, perchè era un vaso diverso, perchè era un vaso da scoprire ma oggi, anche quel vaso è conosciuto come sono conosciuti gli altri vasi. Li te la pensi dicevo, e li pensi cosa faccio ora di questo vaso? certo a valore affettivo è sicuramente meno importante del vaso che mi hanno regalato anni fa, a livello colore è più fresco ma a guardarlo bene…beh a guardarlo bene è così fresco e così diverso che il contrasto che aveva sin dall’inizio con tutte le cose della tua vita non ti pare più così bello è proprio in contrasto. E poi ci pensiamo  che quel vaso a quel punto visto che ancora non è importante come gli altri forse è meglio scagliarlo a terra subito…col tempo, con la calma, con la tranquillità, la vita vi convincerà che è stata la cosa giusta buttare a terra quel vaso, il dolore durerà solo un momento, troverete tantissimi altri vasi nel pulmetto, per strada, per blog e sarà di nuovo tutto nuovo e tutto bello e la storia si ripeterà sempre e sempre e sempre.

Fidatevi perchè ve lo racconta la Capitana e la Capitana è stata sia vaso sia colei che il vaso lo butta a terra.

 

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per te

Una mia amica un anno fa in questo periodo ha scoperto di avere un bambino nella pancia. Non si è accorta subito ma quasi. Se ne è accorta perchè ha iniziato a vomitare copiosamente, non aveva il ciclo e inaspettatamente ha iniziato a bere chinotto. Mi ricordo che quando lo ha scoperto era disperata, disperata sul serio, non era il momento per un bambino, non era il momento per niente e il suo ragazzo non era felice neppure lui e lei si sentiva una merda ma non era il momento.  Io non l’ho mai giudicata, io non giudico mai, mi dispiaceva un sacco che fosse disperata e volevo anche aiutarla ma non sapevo come, non avevo esperienza e queste son cose che secondo me per capirle bisogna viverle, quella volta le ho detto di aspettare e di rilassarsi, di prendersi dei giorni dal lavoro e via, senza pensare a nulla.

Questa mia amica per un po’ non usciva più con me, non usciva con nessuno a dire il vero, neppure con il suo ragazzo. Poi ho saputo che non usciva perchè stava in casa sdraiata sul divano con le mani incrociate sulla pancia, a parlare con quella cosa nuova che stava li dentro. Quando me lo ha detto ho pensato proprio che quella fosse un’immagine bellissima, quasi magica.

Un giorno è andata a lavorare e a lavoro ha avuto una perdita di sangue, tanto sangue. Invece di telefonare subito al suo ragazzo o a me o ad altre amiche o alla mamma, lei è andata dal suo capo, gli ha chiesto di accompagnarla all’ospedale e ci è andata con lui. Il suo ragazzo, me, le altre sue amiche invece le ha chiamate molto dopo. Ha fatto le telefonate giuste solo molto dopo  che il medico le ha detto che il bambino che aveva nella pancia si era staccato dalla pancia, solo molto dopo che aveva pianto, solo dopo molto che aveva sentito malissimo. Questa mia amica a volte fa un po’ così, che si isola, neppure qui l’ho giudicata, non giudico mai, però ho pensato che non fosse giusto che lei piangesse da sola in un ospedale.

Ho voluto scrivere questa cosa per questa mia amica oggi che è passato più o meno un anno e un pochino l’ho scritta anche per quella piccola anima che lei non voleva mi ha sempre detto, però mi ha anche detto che quando si è staccata lei lo ha sentito subito con il cuore, non con il corpo e che le ha fatto tanto male quella piccola assenza.

"le donne lo sanno
che niente è perduto
che il cielo è leggero
però non è vuoto
le donne lo sanno
le donne l’han sempre saputo"

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Una delle mille cose che odio di me…

C’è questa cosa di questi giorni, una volta ritrovata Born Slippy poi faccio fatica a non riascoltarla e riascoltarla e riascoltarla. Faccio ancora più fatica a non pensare a non pensare a non pensare.

A fine quindici anni mi son svegliata fuori, precoce lo so, sempre la vecchia storia che io ho fatto la primina. A fine quindici anni avevo queste due grandissime amiche, distanti e diverse l’una dall’altra come il sole e la luna. Le amavo tantissimo entrambe ed entrambe mi fecero la grazia di non parlarmi mai male dell’altra. Erano oneste, mi amavano tanto quanto io amavo loro e questo è quanto.

Rachele – La notte, la discoteca, gli autostop, i vizi, i vizi, i vizi, le trasgressioni, le trasgressioni e ancora le trasgressioni. Io e Rachele da sole sempre e da sole mai che insieme io e lei ci sentivamo come se potessimo far tutto. Io e Rachele insieme abbiamo fatto quasi tutto.

Paola – il giorno, le domeniche mattina in chiesa, le domeniche pomeriggio in piscina o al parco, lo sport, gli 883, la vita sana, sanissima. Si innamorava Paola, era una di quelle che si innamorava e non lo diceva mai al fortunato di turno, perchè era timida perchè doveva studiare, perchè era Paola e basta.

Passavo i sabati notte con Rachele nelle peggiori discoteche della zona, ci andavamo con mezzi di fortuna, tornavamo indietro con mezzi di ancora più fortuna, c’era compensazione tra me e lei, quando crollavo io lei mi sosteneva quando crollava lei l’avevo già sostenuta prima ancora che crollasse. Non c’erano uomini nelle nostre vite, c’era solo la musica, le luci, l’areacity, il vocalist Cristiano. Alla domenica mattina mi arrivava a casa Paola per chiedermi di andare a messa, io in genere ero rientrata da mezz’ora dall’afterhour. In genere la accompagnavo alla chiesa che così si parlava un po’ mi diceva di quel ragazzo al liceo artistico che le venivano gli occhi a cuore ogni volta che lo pensava. Io non riuscivo a fare a meno di Paola, era la mia altra metà ero un’adolescente divisa in tre, una forte personalità che quando aveva bisogno di esplodere c’era Rachele, quando aveva bisogno di sentirsi sana c’era Paola. Non le ho mai tradite, nessuna amica ho tradito ad essere sincera però, non ho mai fatto neppure un pensiero brutto nei loro confronti, mai mosso una critica, mai nulla da reclamare. A M I C H E

Una mattina di una Pasquetta è successa sta cosa, io avevo quasi 18 anni, Paola aveva quasi 18 anni e Rachele aveva quasi 18 anni. Io stavo già pensando di darmi una calmata che le ballate in discoteca avevan lasciato dei bei segni sul mio corpo e sulla mia anima, ero magra avevo  la pelle verde e mio padre mi schifava. Mio padre e mia madre sapevano che ero in ribellione ma sapevano anche che si potevano fidare che non avrei mai toccato il punto di non ritorno, che non sarei mai scivolata troppo in basso. I miei lo sanno chi sono io. Mio padre mi schifava perchè era geloso, mia madre mi parlava sempre per compensare lui che mi schifava. Comunque io sapevo che in sei mesi avrei compiuto 18 anni, sapevo che avrei avuto una patente, un diritto di voto, avrei potuto donare sangue e organi…pensavo che mi sarei calmata.  C’è stata questa mattina di Pasquetta, mi sono alzata dal letto rincoglionita come tutti i giorni di festa, ho acceso la radio, mio padre ha tirato giù una madonna che gli dava fastidio che ascoltassi la radio altissima che mica ero in discoteca. In radio la pubblicità e le notizie…in radio la pubblicità e le notizie. IN RADIO LA PUBBLICITA’ E LE NOTIZIE. poi le urla, le mie urla "Papaaaaaaaaa, papaaaaaaaa, mamma, oddio mamma mamma mamma, prendi il giornale mamma prendi il giornale" Loro non avevavno capito, erano fuori in giardino, loro non avevano sentito in radio la pubblicità e le notizie, loro han preso su il giornale, loro han visto la prima pagina prima di me anche se l’ho chiesto io il giornale. La mamma ha pianto subito, Mio papà mi ha portata in giardino. Io son rimasta immobile sull’amaca per 6 ore. 

Paola è morta!

un un incidente stradale.

Paola è morta!

nel rientro dalla scampagnata in montagna.

Paola è morta!

La cattiva ragazza  è qui a narrare la notizia…

Paola è morta!

 

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e il giardino della scuola e i paletti e la bicicletta…

Lei è stata la prima volta che ho preso un profumo da donna, me lo ricordo ancora anche se non l’ho mai più comprato, era Laura di Laura Biagiotti. Alla mattina ci si vedeva quasi  sempre fuori dal portone della scuola, c’erano i paletti di legno e io mi ci sedevo sopra con le gambe aperte, come fosse un cavalluccio il paletto, mi dovevo sempre mettere con la schiena curva in modo che fosse l’osso sacro a poggiare altrimenti avrei sentito il malediddio. Ero sempre io ad aspettarla perchè lei arrivava da vicino, con la bicicletta o a piedi, io invece col pulmetto arrivavo sempre alla stessa ora.

Dico che ci trovavamo quasi sempre fuori perchè a volte lei non aveva fatto i compiti, allora in quei pochi casi, entrava prima di me e la trovavo sul suo banchetto che ricopiava i compiti della Marisa. La Marisa era una quasi più brava di me, lei aveva il 9 in condotta e il 6 in inglese io avevo il 9 in inglese e il 7 in condotta.  Mentre lei copiava i compiti della Marisa io di solito andavo alle macchinette o, se avevo una bella giornata mi sedevo sul banco e chiacchieravo con le altre. Se avevo la giornata di merda era facile che non salutassi nessuno, neppure lei. Quando avevo le giornate di merda buttavo la testa di lato sul banchetto come fanno i gatti che stanno male, e basta.

Una mattina che la aspettavo sui paletti mi sono accorta che c’era il suo ex fuori dal cancello con un’altra della nostra scuola, allora ho pensato "oggi le verrà una di quelle giornate di merda che più merda non si può" infatti poi è arrivata, lui l’ha vista, lei lo ha visto, la ragazza a scuola con noi l’ha vista, io li ho visti…insomma questo ex della mia amica prende e inizia a strizzare la ragazza, il bacio più innaturale che abbia mai visto. A quel punto io ho pensato "Avrà una giornata così di merda che si metterà pure a piangere" e ne ero sicura eh, sicura come la morte.

Invece no, lei non si è poi messa a piangere, a dirla tutta non mi pareva neppure avesse sta gran giornata di merda. Ha parcheggiato la bicicletta, si è accesa una sigaretta, mi ha sorriso con i suoi occhi superblu. Le ho detto "Baby…vuoi che ne parliamo in bagno senza che ci facciam vedere dalle altre?" e lei no, mi scuote la testa, fa un tiro, butta fuori il fumo  e mi dice così "Oh…guarda che io son la Baby! lui non può stare senza di me, sono la Baby, io sono il suo amore" ed è stata convincente, è stata così convincente che io non le ho chiesto più nulla . Dopo la terza superiore io la Baby non l’avevo più vista, ha mollato la scuola proprio alla fine della  terza.  Mi è mancata, è stata un amicizia importante e tanto breve quanto forte, sono stata quindi felicissima di vederla in Piazza Ferretto a Mestre, qualche mese fa. Sono anche stata felice di capire che quello che aveva detto a me quel giorno poi lo deve aver detto anche a lui che stavano camminando assieme…

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Era meglio…

era meglio se questa mattina nel pulmetto mi portavo anche un libro (oltre che me, Marino, la borsa e la dannata testa). C’era un sacco di traffico e i miei pensieri che sino a lunedì correvano veloci erano pensieri fermi, immobili, statici e bastardi. Ho finito la prima fase di integratore, non lo devo prendere per 15 giorni poi posso ricominciare, lo stop è per non dare assuefazione suppongo. Io voglio dare la colpa dei miei pensieri tristi e immobili alla mancanza dell’integratore, voglio che sia così, anche se poi penso a questa notte. Questa notte ho sognato una mia amica dei miei 14-25 anni, le superiori e un pochetto oltre. Questa mia amica nel sogno, come quando eravamo amiche, mi ha fatta ridere fortissimo…mi ha fatta ridere così forte che ho dovuto piegarmi in due dai dolori alla pancia. Il punto è che nella vita questa mia amica poi mi ha fatto anche tanto piangere.

La ricorrente

…le persone che amo e che ho amato son persone che sempre mi hanno fatto tanto ridere e sempre mi hanno fatto tanto piangere.

Il Porcozzio

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Lei è la sola, la sola al mondo.

Credo che sia arrivata a dirmelo a causa dei due aperitivi a stomaco vuoto, che quelli a volte sono il miglior sciogli lingua. Siamo li nel soggiorno e non so come ci siamo arrivate a quel discorso ma lei in ogni caso mi dice che la sua vita è una merda. Io avevo già la risposta pronta perchè anche se mai me lo aveva detto in tutti questi anni io lo sapevo che lo pensava. La conosco fin troppo bene. Le dico che non è vero, che ha un lavoro, che ha una bella famiglia, che sa fare un sacco di cose. Lei mi crede lo so che mi crede e mi spiega che non parlava di questo. Parlava di una spensieratezza che non ha più da anni, mi spiega ancora e mi dice che lei è sola al mondo e non è facile. Aggiunge che i figli sono una cosa bella ma le sue radici sono disperse, bruciate, le sue radici sono morte e con loro la sua spensieratezza. Aggiunge che perdere i genitori è una cosa che uno si aspetta ma perdere anche due fratelli no. Perdere due fratelli per lei ha significato voler sputare in faccia a dio per anni. Lei in dio ci crede. Mi dice che le piacerebbe scrivere di questa vita e che probabilmente lo farà. Io la sua scrittura la conosco, scrive semplice e di pancia. E’ una buona scrittura, soprattutto se uno deve buttar fuori. La incito a scrivere allora. Poi suona il campanello e so che lei non mi dirà più nulla. Mangiamo e penso alle sue sensazioni del giorno prima mentre preparava tutte le delizie che ha preparato, che io so benissimo che lei come me quando cucina pensa e scava a fondo.

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Ieri oggi e perchè!

Ieri, "Devo parlarti di una cosa…" e già, quando senti questa frase, tu cambi. Ti metti comoda su quella sedia, apri le gambe e le braccia, stai accogliendo la notizia, ti accendi una sigaretta di rispetto. Già mentre te ne parla, già mentre te lo dice tu ascolti rapita e i primi pensieri si insinuano nella tua testa "Che meraviglia, questo uomo mi sta raccontando un segreto, un pezzo di se, ed è personale e lo racconta a me…sono importante quindi per lui!" e lui ti parla e ti parla e tu lo guardi e annuisci. Altre sigarette di rispetto, altri drink. Ora credi di possedere un suo segreto solo perchè ne fai parte. E’ ora che devi stare attenta.

Alla sera prima di addormentarti dai un’ occhiata a quel segreto, quel filo sottile che ti unisce a lui. E’ come avere quell’uomo vicino, lui sa che tu sai, lui ha deciso di farti sapere.

Mentre sei con le tue amiche parlate di lui, ti si velano gli occhi, tu sai…loro non sanno, oddioooo se lo sapessero. Tu non puoi e non vuoi dirlo, era una confidenza quella che ti è stata fatta. Però, se lo sapessero quante cose cambierebbero anche nelle loro teste. Sapere questo è elevarsi ad essere superiore alle tue amiche. Se racconti rovini tutto. E lui come ci starebbe se io raccontassi tutto…male, male.

Passano giorni, mesi e anni…l’emozione di quella confidenza è scemata, è scemata la confidenza stessa. Non sembra più questa grande rivelazione che è stata vero? e allora li mentre bevi un drink lo dici "Vi racconto una cosa ma non dovete dirla a nessuno" e parli e parli. Te ne strafotti del tuo amico, te ne strafotti anche delle tue amiche in quel momento. Quando è stato detto a te eri pronta, sei stata avvisata di entrare a far  parte di una confidenza, alle tue amiche hai chiesto se erano pronte? se volevano sapere?

Oggi, hai raccontato una confidenza di un tuo amico,  hai rotto il filo, hai tradito la sua fiducia e hai violentato le orecchie delle amiche che ti hanno ascoltata senza capire…perchè tu non sei lui e anche se racconti con emozione non sei lui. Non ne avevi il diritto, non ne avevi il possesso, non dovevi farlo.

"Perchè?"

Ama il prossimo tuo come fosse te stesso è difficile, immensamente difficile. Sarebbe bello però provare  almeno a non ferire, soprattutto non ferire chi ti ha messo il suo segreto, il suo cuore tra le mani.

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MI chiedevo

A volte mi chiedo se sia più forte il pensiero di immensa gioia per la nascita del salvatore o il pensiero dell’immensa tristezza per la perdita di una persona cara!

Io a chi crede cosi fortemente un pochino lo invidio!

 

 

 

 

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5 MAGGIO

E’ morto Napoleone qualche anno fa…e c’era questa amica mia, che ho conosciuto in prima media, quelle amiche che adori subito. Amiche con le quali cresci, lei mi cazziava quando sbagliavo e io la stordivo quando si metteva in un angolo. Successe che le chiesi quando fosse il suo compleanno…lei rispose "Il giorno della morte di Napoleone", io le dissi  "Molto bene, ti farò gli auguri di compleanno solo quando Manzoni ti dedicherà un’ode allora!" e così è stato, non le ho mai fatto gli auguri. Le ho portato un regalino ogni anno certo ma "Buon Compleanno" a lei non lo ho mai detto. La cosa più stronza della storia è che non potrò più dirglielo e a dire il vero non credo neppure che mi legga, però…"Buon Compleanno Paola!"*

Il Cinque Maggio

ode di Alessandro Manzoni

      Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita 5
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie' mortale 10
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua, 15
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio, 20
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi, 25
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar. 30
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito 35
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno; 40
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria, 45
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato, 50
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio 55
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor. 60
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere 65
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese, 70
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei, 75
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli, 80
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio 85
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò; 90
e l'avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre 95
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza 100
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita, 105
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
*Mi manchi!! ...il resto lo sai! 

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