Mi pare fosse la serata di apertura di Xfactor quella che aveva come ospite Robbie Williams, non ne sono sicura e non lo voglio cercare in internet, in questi giorni sono poco concentrata, rischio di perdermi per non tornare più. In una delle serate di Xfactor c’era Robbie Williams, di questo sono certa. Ha cantato Candy, sembrava contento, pareva divertirsi, risultava simpatico ad Alessandro Cattelan. Durante la sua esibizione è andato vicino a una signorina del pubblico e le ha cantato in faccia, la signorina del pubblico lo guardava come io guarderei un cinese che improvvisa una esibizione di nunchako sul divano di casa mia (ok bravo però adesso anche ciao). Ricordo di avere pensato che anche io avrei guardato così Robbie Williams, se fossi stata la signorina del pubblico di quella sera. Poi mi sono anche ricordata dei Take That e del post Take That. Mi sono ricordata di quando desideravo fare per mestiere la ballerina dei video di Robbie Williams, di quando vedevo un suo concerto in televisione e mi paralizzavo, di quando aveva tirato sul palco una ragazza del pubblico e si sono infilati le rispettive lingue in gola. Era il 1996, pare ieri.
In un’altra puntata di Xfactor poi era ospite un gruppo (One direction), il membro più vecchio è del 1991, il più giovane del 1994. Le ragazzine del pubblico di Xfactor hanno iniziato a piangere e a strapparsi i capelli, prima che iniziassero a cantare, hanno pianto quando Cattelan li ha annunciati. Nessuno può levarmi dalla testa che Robbie Williams si aspettasse una reazione maggiore o uguale a quella per i One direction, da parte della signorina del pubblico. Secondo me lui si aspettava che la signorina si mettesse a piangere o che si emozionasse vistosamente o che avesse qualche reazione diversa dal: ok bravo, però adesso anche ciao.
Riflettevo su Robbie Williams in questi giorni e in particolare mi sono chiesta da quant’è che non piango per una canzone. Era una delle mie cose ricorrenti il piangere per una canzone. E poi riflettevo sulle aspettative in generale, ecco riflettere sulle aspettative è ancora una mia ricorrente. Parlavo con una amica qualche giorno fa, aveva trovato delle persone cortesi e molto a modo in un primo contatto telefonico con un negozio, si aspettava altrettanta cortesia da parte di un altro referente dello stesso negozio, quest’ultimo invece era uno stronzo. Oppure una mia altra amica diceva che se avesse dovuto basare le amicizie sugli auguri ricevuti… fanno una manciata di amici. Sono tutte aspettative. Ho citato due esempi (li ho vaghizzati) di questi giorni ma ce ne sono tante. Credo che tutti noi abbiamo inviato dei messaggi a cui nessuno ha risposto, credo che ognuno di noi abbia mancato di rispondere a un messaggio, almeno una volta nella vita. Credo che qualcuno abbia cantato una canzone in faccia a qualcun’altro senza provocare reazioni diagnosticabili a occhio nudo. E poi penso che in effetti siamo statici, anche se dinamici, io almeno. Io che cresco e mi accorgo che Robbie Williams non mi emoziona più e mi manca l’emozionarmi come per Robbie Williams, mi manca di piangere per Pinocchio, vorrei non avere mai visto Up per rivederlo con gli occhi della prima volta. Mi manca la sensazione di grande evento di quando ricevevo una mail.